Il 3 gennaio scorso, la Cina ha annunciato di avere fatto atterrare una sonda spaziale teleguidata sul lato nascosto della Luna. Si è trattato di un annuncio di straordinaria importanza sia per le implicazioni tecnologiche – nessuno era riuscito a far atterrare una navetta sul lato più lontano del nostro satellite senza danni o senza che il veicolo fosse distrutto -, sia, da un punto di vista più ampio, per la manifesta volontà del colosso asiatico di espandere le sue mire di conquista già evidenti con la Belt Road Initiative.
Spazio o Terra, è evidente il tentativo cinese di ottenere una posizione privilegiata sullo scacchiere internazionale. Sia chiaro, la notizia dell'approdo della sonda cinese sulla Luna, come ha commentato il Global Times, rappresenta indubbiamente "una tappa importante dell'esplorazione umana dell'universo”, e in questo senso va accolta con soddisfazione perché segna un altro passo evolutivo per la nostra specie.
Nello stesso tempo, diventa altrettanto logico porsi alcune domande su quella che sembra una sempre più evidente volontà egemonica della Cina. Un progetto reso possibile anche da una globalizzazione che, se non è equilibrata da un insieme di regole comuni da rispettare, rischia di creare disparità e disomogeneità che difficilmente le nostre economie e le nostre strutture sociali saranno in grado di assorbire.
Per questo occorre fare un passo indietro e ricordare che nel 2013 il colosso asiatico ha iniziato un programma di espansione senza precedenti, chiamato Belt Road o, tradotto, Nuova Via della Seta. Si tratta di un progetto strategico di enormi dimensioni, del valore iperbolico di 8 trilioni di dollari, messo in atto dalla Cina per raccogliere sostegno politico ed economico internazionale al fine di realizzare una struttura di collegamento fra Cina, Europa, Africa Orientale sino ad approdare all'Estremo Oriente.
L'obiettivo dichiarato dei cinesi è di dominare alcuni settori strategici dell'economia mondiale attraverso un canale terrestre e uno marittimo. Questo progetto, il più grande mai realizzato, permetterebbe sia di rafforzare il valore della valuta cinese, sia di creare opportunità senza precedenti per le aziende di quel Paese. Si parla di espansione su nuovi mercati in più di 70 Paesi, di manodopera straniera da utilizzare, in fin dei conti, per favorire i produttori asiatici nello smaltimento dei propri prodotti.
Il rischio evidente è quello di “cannibalizzare” le filiere produttive di altri Paesi e di intere zone del mondo, mettendo in atto un aggressivo piano di conquista di tutti gli spazi commerciali. Non a caso, infatti, Stati Uniti e Unione Europea hanno risposto all'iniziativa cinese con piani di sviluppo economico-commerciale nell'Africa sub sahariana e nei Paesi asiatici. Per ora, si sta giocando una delicata partita a scacchi che però, negli anni a venire, rischia di trasformarsi in uno scontro economico globale alla ricerca di equilibri che impediscano a un solo Paese di conquistare un controllo eccessivo e, alla lunga, insostenibile, dei mercati internazionali. Quindi accogliamo con favore la notizia dei progressi cinesi nella tecnologia spaziale, ma dobbiamo essere vigili per impedire che il futuro porti a squilibri e a situazioni che sarebbero veramente difficili da gestire se non si saprà equilibrare il rapporto di forze fra un gigante in continua espansione e il resto del mondo.
Autore: Paolo Cagnoni