Negli scorsi giorni, parlando del gasdotto Tap, il ministro per il Sud Barbara Lezzi l’ha definita “un’opera inutile, vecchia e dannosa”. La tendenza a screditare il Tap non è condivisa soltanto da alcune forze politiche – in particolare dal Movimento 5 Stelle -, ma anche dagli attivisti del gruppo “No-Tap”, autori di vere e proprie rappresaglie contro il cantiere pugliese del gasdotto e di vibranti proteste portate avanti con sassaiole, lanci di bottiglie e scontri aperti con le forze dell’ordine.
Secondo loro – ed è un’opinione sostenuta anche da alcuni grillini – il gasdotto Tap potrebbe arrecare danni esiziali all’ambiente circostante e al territorio rivierasco dove dovrebbe approdare, con conseguenze nefaste soprattutto per la serenità dei cittadini e dei residenti del posto. Se la loro battaglia avrà successo, il rischio concreto è di veder sfumare un progetto da 35 miliardi di euro che potrebbe portare il gas naturale dell’Azerbaijan in Italia e in tutta Europa, diversificando le forniture energetiche dell’Italia e rafforzando in maniera considerevole il mercato europeo del gas.
Il gasdotto Tap – Trans adriatic pipeline – è uno dei tre componenti fondamentali del Southern Gas Corridor, il corridoio meridionale del gas, una rete di gasdotti che renderà possibile il collegamento tra uno dei più ricchi giacimenti azeri di gas naturale – lo Shah Deniz 2 – e i mercati energetici europei. Il Tap, nello specifico, consentirebbe all’Italia di diversificare le proprie forniture e di rendersi meno dipendente dalle importazioni energetiche dagli altri Paesi, con prevedibili vantaggi anche per la competitività del mercato interno.
La realizzazione del Tap rappresenta una sfida cruciale, specialmente per gli italiani: a causa della sua posizione strategica nel Mediterraneo, al crocevia tra altri importanti progetti infrastrutturali legati al gas, l’Italia potrebbe infatti ambire al ruolo di hub energetico dell’Europa meridionale, una posizione di grande prestigio. Indipendentemente da tutto il resto, il nostro Paese dovrà misurarsi anche con un prevedibile aumento del consumo energetico: nel 2023, secondo una stima di Snam Rete Gas, l’Italia arriverà a consumare ben 73 miliardi di metri di cubi di gas ogni anno, un aumento che – considerando la parallela diminuzione della produzione interna – renderà indispensabili nuove infrastrutture energetiche per soddisfare l’entità della domanda.
Rinunciare al Tap rappresenterebbe un grosso errore, soprattutto se si considera la portata complessiva del progetto: entro il 2020, i tre gasdotti che compongono il Southern Gas Corridor – tra i quali il Tap – avranno la capacità di trasportare in Europa circa 10 miliardi di metri cubi annui di gas naturale, dando una spinta decisiva al suo sviluppo energetico. Grazie al Tap, in definitiva, l’Italia ha la preziosa opportunità di ritagliarsi un ruolo prestigioso da potenza energetica regionale, inserendosi in un progetto multimilionario che coinvolge anche Azerbaijan, Grecia e Turchia. Rinunciarvi non sarebbe soltanto stupido, ma comprometterebbe in via definitiva anche le ambizioni internazionali del nostro Paese.
Autore: Riccardo Intini