Negli scorsi giorni, in un’intervista rilasciata ad Afp, la presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, ha sottolineato la necessità di "contenere la Cina e minimizzare l’espansione della sua influenza egemonica", riferendosi a Pechino come a una vera e propria minaccia per l’ordine globale. Taiwan è di fatto indipendente da Pechino, ma la Cina non ha mai nascosto la sua volontà di considerarla parte integrante della Repubblica Popolare. Negli ultimi due anni, da quando Tsai Ing-wen è salita al potere, la retorica aggressiva di Pechino nei confronti di Taiwan è aumentata sensibilmente, con costanza. Nella sua intervista ad Afp, la 61enne sembra considerare il contenimento della Cina come un preciso obiettivo per tutto il mondo, non solo per Taiwan. E quest’ultimo punto, considerando le ambizioni cinesi nell’ambito della Belt and Road Initiative – il grandioso progetto infrastrutturale che collegherà la Cina all’Europa, e che coinvolge direttamente più di 60 nazioni – appare particolarmente significativo. "Non è solo una sfida per Taiwan, è una sfida per la regione e per il mondo intero – spiega la presidente di Taiwan all’Afp; - Perché se oggi tocca a Taiwan, domani qualsiasi altro Paese potrebbe trovarsi a dover far fronte all’espansione dell’influenza cinese". Tsai si è spinta anche oltre, arrivando a menzionare, tra i possibili pericoli derivanti dall’espansione cinese, concetti quali "la democrazia e la libertà dei Paesi di fare affari". La Cina di Xi Jinping – il principale interprete della retorica sulla "grande rinascita della nazione cinese - ha già interrotto i propri canali ufficiali con Tsai, e ha chiaramente lasciato intendere di non voler tollerare qualsiasi minaccia alla propria integrità territoriale. Per rendere l’idea dell’entità delle pressioni cinesi, basterà riportare ciò che è accaduto soltanto qualche giorno fa, intorno al 19 giugno, quando due compagnie aeree giapponesi, sul loro sito internet, hanno deciso di riferirsi a Taiwan come parte effettiva della Cina. Si tratta del risultato di settimane e mesi di pressioni esercitate con discrezione da Pechino, che lo scorso aprile aveva formalmente chiesto a una quarantina di compagnie aeree internazionali di considerare Taiwan, Macao e Hong Kong come parti integranti della Cina. Il soft power cinese non si esercita soltanto con investimenti e infrastrutture, ma anche con sottili forme di pressione, più o meno formali, con il principale obiettivo di rafforzare l’egemonia di Pechino.
Autore: Riccardo Intini