Ricordare il ruolo delle donne combattenti curde, in una giornata come l’8 marzo, significa superare la retorica e addentrarsi nei territori della concretezza più spietata, quelli in cui trovano spazio soltanto la guerra e la lotta al terrorismo. Negli anni più cruenti del conflitto siriano, tra i più fieri opponenti dello Stato Islamico figurava anche il gruppo Yekineyen Parastina Jin, una costola dell’YPG composta unicamente da donne curde. Se le città curde venivano minacciate dalle scorrerie dell’Isis, queste combattenti scendevano in campo senza alcun timore, maneggiando le armi con assoluta destrezza e dedicandosi anima e corpo alla strenua difesa del proprio territorio.
Memorabile, da questo punto di vista, è il contributo delle donne curde durante la battaglia di Kobane del 2014, quando tutto il mondo conobbe – forse per la prima volta – il valore delle combattenti curde e del loro movimento di liberazione. Secondo alcune stime, all’interno dell’YPJ avrebbero trovato spazio circa 10mila donne curde, e ognuna di loro è animata da un unico obiettivo: favorire l’emancipazione della donna, in contrapposizione alla concezione diametralmente opposta degli islamisti e dei gruppi estremisti di matrice islamica, come l’Isis.
“Le donne curde rappresentano senz’altro un esempio di valore e di tenacia insuperabili, specialmente per il loro eccezionale contributo nella lotta all’Isis e al terrorismo islamico – afferma Stefano Maullu, europarlamentare di Fratelli d’Italia; - Il loro coraggio è davvero ammirevole, specialmente se si considerano le persecuzioni a cui sono sottoposte con estrema regolarità, soprattutto da parte della Turchia di Erdogan. Il coraggio delle donne curde è già entrato nella storia, e siamo certi che il loro esempio continuerà a rappresentare uno strumento di eccezionale utilità per favorire l’emancipazione della donna, in ogni parte del mondo”.
Autore: Redazione BeGlobal