Avete presente il mantra dei Monti boys e compagnia cantante sulla necessità di tagliare costantemente la spesa pubblica e le strane affermazioni sulla cosiddetta “austerity espansiva”? Affermare che il taglio della spesa può essere “espansivo” è un ossimoro, è come dire che digiunando si può ingrassare. Togliere risorse monetarie al mondo produttivo, ai salari, al commercio può avere in realtà solo una conseguenza: quella di deprimere l'economia e di svuotare le tasche dei cittadini. Se non circola moneta, l'economia non può crescere. E i tedeschi, che in Europa si ergono a censori chiedendo misure sempre più dure per comprimere la spesa altrui, in realtà lo sanno benissimo.
E' notizia recente, infatti, che in Germania è stato recentemente sottoscritta una nuova intesa fra governo e sindacati per aumentare gli stipendi di più di un milione di dipendenti pubblici per i prossimi tre anni. Fra parentesi, i sindacati tedeschi affermano che in realtà questa misura – che si traduce semplicemente in un aumento della spesa pubblica – riguarderà quasi due milioni e mezzo di persone. A questo punto, prima di proseguire, è opportuno sfatare alcuni miti sul settore pubblico italiano in confronto a quelli degli altri Paesi europei e spiegare qual è il reale funzionamento di un'economia sana. Innanzitutto, in Europa (dati Eurostat) la media dei dipendenti pubblici nei vari Paesi è del 16%. L'Italia si colloca al di sotto di questa media con il 14%: la Francia, per intenderci, ne annovera il 22%, Spagna Portogallo e Irlanda il 15%.
Quando ci dicono che dobbiamo tagliare la spesa, insomma, lo fanno per innescare una “guerra fra poveri” in cui i liberi professionisti, i commercianti, i lavoratori del settore privato e i dipendenti pubblici si incolpano vicendevolmente del peggioramento delle condizioni di vita e finanziarie delle loro categorie. Ma la realtà è un'altra: le misure di austerity e la svalutazione dei salari colpiscono tutti indifferentemente, riducendo il tenore di vita, i consumi, il mercato interno. Per essere ancora più chiari, vanno analizzati i dati sui salari dal 2010 al 2017: mentre in Italia si sono persi mediamente circa 1.000 euro annui pro capite (da 30.272 a 29.214 euro), nello stesso periodo in Germania i salari medi sono cresciuti di ben 3.825 euro (da 35.621 a 39.446) e in Francia di un 5% in più (da 35.724 a 37.622). Scusate per tutti questi numeri, ma vogliamo essere precisi: solo così si può comprendere come, tagliando i salari e riducendo la massa monetaria circolante, per certi Paesi vi sono condizioni vantaggiose, mentre altri per quanto possano sforzarsi di migliorare sono invischiati in una palude dalla quale non si può uscire.
E' evidente infatti che se in Germania e Francia le persone grazie all'aumento dei salari possono spendere di più, anche i commercianti venderanno più prodotti, gli imprenditori produrranno di più e meglio e così via. Se una categoria, qualsiasi essa sia, è favorita dalla congiuntura economica, tutte le altre di conseguenza lo sono. Ma torniamo alla Germania: com'è possibile che il Paese preso a modello delle politiche di austerità disattenda le regole che pretende di far rispettare agli altri? I vantaggi che l'Euro ha portato all'economia tedesca dal momento della sua introduzione sono evidenti, come dimostrano i dati e i grafici. A partire da una condizione di “piena occupazione” per i suoi abitanti mentre molti altri Paesi si scontrano con l'alta disoccupazione – con tutte le conseguenze negative che ne conseguono per i conti pubblici, per il commercio e per l'economia.
Eppure il governo federale tedesco ha verificato come l'economia interna stia rallentando: questo perché i tedeschi hanno impostato tutta la loro politica sulle esportazioni, ma a differenza di quello che si crede un'economia sana deve bilanciare il mercato interno e quello esterno, perché il mercato internazionale non è un pozzo senza fondo e se ci sono troppi esportatori inevitabilmente si arriva a un punto di stallo. Che in questo momento, in realtà, sembra precedere una dinamica recessiva: i dazi americani alla Cina hanno infatti provocato un effetto domino che ha causato un calo delle esportazioni cinesi e, di conseguenza, di quelle tedesche a Oriente. Quindi che cos'hanno pensato di fare i tedeschi? Quello che vietano agli altri prefigurando sciagure finanziarie inesistenti: hanno deciso di aumentare la domanda interna alzando gli stipendi dei dipendenti dei Lander. Se lo avessimo fatto noi, o la Grecia, o la Spagna eccetera ci avrebbero accusati di essere i soliti spendaccioni. Invece lo ha fatto la Merkel con i suoi ministri, perché in Germania sono bravissimi a fare i virtuosi con i conti degli altri, ma sanno benissimo che senza incentivare gli investimenti e senza aumentare la spesa pubbica l'economia si ferma e il giocattolo si rompe.
Se ascolterete i nostri “economisti di regime” dire che la Germania può aumentare la spesa perché ha un surplus nella bilancia commerciale, sappiate che è una stupidaggine. Per mettere in atto una politica espansiva basta il deficit, perché lo Stato a differenza di quello che vogliono farvi credere non è un'azienda e in un'economia sana non deve guadagnare, ma spendere bene per garantire le finanze dei cittadini e il funzionamento delle proprie strutture. In Germania lo sanno benissimo e in silenzio, senza che la nostra stampa allineata dica una parola, lo fanno. Mentre a voi chiedono di tirare la cinghia e di soffrire in silenzio, mentre le vostre vite peggiorano, i vostri stipendi calano e i vostri figli non trovano lavoro e sono costretti a emigrare, “loro” proteggono sé stessi e la loro economia aumentando la spesa pubblica. Ecco perché questa Europa a guida franco-tedesca va cambiata subito e profondamente, ecco perché l'Italia deve recuperare il proprio ruolo e liberarsi da una morsa che rischia di stritolarla.
Autore: Paolo Cagnoni