Le nuove vie della Seta stanno crescendo a vista d’occhio, con estensioni e ramificazioni infrastrutturali sempre più ampie e onnicomprensive. Ben presto, oltre alla via della Seta marittima e a quella terrestre – le due componenti essenziali della Belt and Road Initiative, il mastodontico progetto cinese da 1 trilione di dollari per il collegamento infrastrutturale di Asia, Africa ed Europa – potrebbe aggiungersene anche un’altra, ossia la cosiddetta “via della Seta polare”.
Ne è convinto il Pentagono, che nelle scorse ore ha diffuso un report piuttosto interessante sul rafforzamento delle attività cinesi nella regione dell’Artico. Secondo gli americani, Pechino sarebbe in procinto di incrementare la propria presenza militare nell’area, soprattutto attraverso lo sfruttamento dei sottomarini e della loro capacità di deterrenza contro gli attacchi nucleari.
Per il Pentagono, l’obiettivo della Cina sarebbe tanto semplice quanto ambizioso: la creazione di nuove vie commerciali nella regione artica, così da dare vita alla via della Seta polare. Il report del Pentagono è stato pubblicato a pochi giorni dall’apertura del Consiglio Artico di Rovaniemi, in Finlandia, programmato per le giornate del 6 e del 7 maggio. All’incontro parteciperà anche il segretario di Stato degli USA, Mike Pompeo, e tra i dossier sul tavolo – oltre alle crescenti tensioni tra USA e Russia, anche in materia di Venezuela – ci sarà anche quello relativo ai timori della Danimarca, che ha già ammesso di guardare con apprensione alle mosse cinesi in Groenlandia.
Per questa zona, infatti, si sta già parlando del rinnovo di alcuni aeroporti e della creazione di una stazione di ricerca satellitare, con un forte contributo cinese. In ogni caso, la Cina sembra già all’opera per rafforzare il proprio potenziale militare, specialmente per quel che riguarda la flotta. Secondo la Difesa americana, al momento la Cina può contare su quattro sottomarini con testate balistiche, sei con testate nucleari e ben cinquanta dotati di armi convenzionali. Il Pentagono prevede che la flotta cinese, entro il 2030, aumenterà ancora, con circa dieci unità in più.
Autore: Riccardo Intini