La Libia nel caos.

  • 04 settembre 2018
La Libia nel caos.

Nuovi scontri tra gruppi armati rivali a Tripoli hanno gettato la Libia in un caos profondo, gettando seri dubbi sul fatto che il paese, già devastato dalla guerra, sia pronto a tenere elezioni entro la fine dell'anno.

Il 27 agosto, sono scoppiati feroci combattimenti nei distretti meridionali della capitale dopo che la Settima Brigata, un gruppo armato con sede a Tarhouna, 65 km a sud-est di Tripoli, ha lanciato un'offensiva a sorpresa contro milizie rivali, ovvero le Brigate Rivoluzionarie di Tripoli (TRB) e le Brigate Nawasi. Gli scontri a fuoco hanno provocato almeno 39 vittime (inclusi 18 civili) e centinaia di feriti. A seguito della tregua raggiunta il 28 agosto, gli scontri sono ripresi, costringendo le autorità a chiudere l'unico aeroporto funzionante di Tripoli il cui controllo è ora stato assunto dalla Settima Brigata. Nella giornata di domenica, il Governo di Accordo Nazionale (GNA) appoggiato dall'ONU a Tripoli ha dichiarato lo stato di emergenza, sostenendo la necessità di "proteggere i civili, i possedimenti pubblici e privati ​​e le istituzioni vitali".

A seguito del rovesciamento di Muammar Gheddafi avvenuto circa sette anni fa, le divisioni regionali, tribali e linguistiche hanno complicato la democratizzazione del paese nordafricano. I gruppi armati che al momento si scontrano all'interno e nei dintorni della capitale giocarono un ruolo fondamentale nella missione sostenuta dalla NATO per rovesciare Gheddafi. Il fallimento dei governi successivi nell'integrare queste milizie nella struttura formale di sicurezza ha portato alcuni gruppi a rafforzare la loro posizione nella capitale - e altrove - dove controllano i terminal petroliferi, gli aeroporti, le caserme militari e altre infrastrutture cruciali.

L'esistenza di due legislature rivali - la GNA riconosciuta a livello internazionale e la Camera dei rappresentanti dell'est (HOR) - ciascuna con la propria banca centrale e la compagnia petrolifera nazionale - evidenzia un'altra sfida nella difficile situazione del paese al fine di attuare le necessarie riforme e, in definitiva, tenere elezioni.

A maggio, il primo ministro Fayez al-Serraj della GNA e il generale Khalifa Haftar dell’autoproclamato Esercito Nazionale Libico - che controlla gran parte della Libia orientale - si sono incontrati a Parigi e hanno concordato un calendario per organizzare elezioni a livello nazionale entro la fine dell'anno. L’incontro di Parigi ha visto incontrarsi rappresentanti di 20 nazioni e di alcune organizzazioni internazionali. Dall'incontro è emersa l’intenzione di voler adottare una legge elettorale entro il 16 settembre e di indire elezioni parlamentari e presidenziali il 10 dicembre. Tuttavia sono emerse perplessità in quanto forze ostili ad Haftar ed altri importanti player con una notevole forza sul campo non erano presenti al tavolo.

Chi sta combattendo chi?

La Settima Brigata, altrimenti nota come Kanyat è l'unico gruppo armato a controllare un'intera città. L'obiettivo dichiarato del gruppo, che opera sotto l’egida della GNA, è di "ripulire Tripoli dalle milizie corrotte (...) che usano la loro influenza per ottenere crediti bancari del valore di milioni di dollari mentre la gente comune dorme fuori dalle banche per ottenere alcuni dinari". Accompagnato dai combattenti delle regioni di Misurata e Zintan, il gruppo sta prendendo di mira quattro brigate armate presenti a Tripoli accusate di usurpare il potere e perseguire i loro interessi a spese dello stato libico.

Secondo Emadeddin Muntasser, analista politico libico, il comportamento dei gruppi armati all'interno della capitale - la loro presa su praticamente tutte le attività economiche - ha portato all'attuale crisi. Il Gruppo di Esperti delle Nazioni Unite ha già messo in guardia rispetto alla minaccia che i gruppi armati pongono nei confronti delle istituzioni statali, come la Banca centrale, la Compagnia Petrolifera Nazionale e persino l'Autorità Libica per gli Investimenti.

Ma il fatto che gruppi armati come la Settima Brigata abbiano giurato fedeltà alla GNA non significa che rispetteranno gli ordini delle autorità civili. Secondo Tarek Megerisi, ricercatore politico specializzato sulla Libia, "tutti sono sotto il governo della GNA perché il Ministero dell'Interno e il Ministero della Difesa pagano gli stipendi, ma nessuno prende ordini da loro".

I motivi del conflitto

In un breve documento pubblicato ad aprile, Wolfram Lacher, un associato presso l'Istituto Tedesco per gli Affari Internazionali e di Sicurezza, ha avvertito di una tendenza preoccupante tra i gruppi armati libici, ovvero l'ascesa di un "cartello delle milizie". Secondo Lacher, quattro gruppi in particolare esercitano un'influenza sproporzionata sul governo. Si tratta delle TRB, della Brigata Nawasi, della Special Deterrence Force e dell'unità Abu Slim dell'apparato di Sicurezza Centrale. "Il saccheggio dei fondi statali - un segno distintivo dell'economia politica Libica - beneficia un gruppo molto più ristretto rispetto a prima del 2011", ha detto Lacher. "Gli attori esclusi da questo accordo stanno costruendo alleanze per modificare con la forza gli equilibri del potere a Tripoli".

Quando il consiglio presidenziale di al-Serraj arrivò a Tripoli nel 2016 in barca, i quattro gruppi furono tra i tanti che erano già attivi in ​​città. Secondo gli analisti, le quattro entità hanno vinto il favore del debole governo sostenuto dalle Nazioni Unite perché lo hanno difeso attivamente. Allo stesso tempo, hanno beneficiato della legittimità che deriva dall'essere associati ad un governo.

Gli eventi recenti dimostrano l'incapacità del governo di smobilitare le forze irregolari e integrarle nel suo apparato di difesa e sicurezza. Questo fallimento, in concomitanza con il consolidamento delle brigate militari in un piccolo numero di fazioni, ha acuito il senso di emarginazione delle milizie rivali, le quali sono coscienti del rischio di perdere l'accesso ai fondi statali. Nel breve periodo, il consolidamento ha contribuito a rendere Tripoli più sicura riducendo il rischio di schermaglie armate, ma gli attori che sono stati messi da parte hanno lavorato dietro le quinte in vista di un ritorno.

Le reazioni della comunità internazionale

Nella giornata di sabato, in una dichiarazione congiunta, Stati Uniti, Francia, Italia e Regno Unito hanno condannato l'escalation di violenza e ammonito: "Coloro che manomettono la sicurezza a Tripoli o altrove in Libia, saranno ritenuti responsabili di tali azioni”.

Anche il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha condannato la violenza, ma per molti libici, la GNA sostenuta dall'ONU non ha un'autentica autorità sul terreno.

Secondo Muntasser, "la GNA è un governo di cartone che non ha potere di influire gli eventi (...) Afflitto da incompetenza, corruzione e lotte intestine, la GNA si disgregherà non appena le bande armate che gli offrono protezione verranno espulse".

Questo, a sua volta, complica gli sforzi della comunità internazionale di indire elezioni prima della fine dell'anno.

L'Italia, ex-potenza coloniale in Libia, ha manifestato la sua disponibilità ad ospitare i partiti belligeranti a Roma per i colloqui di riconciliazione che, si dice, preparerebbe il terreno per le elezioni, ma non prima della metà del 2019.

La Libia è pronta per le elezioni?

A maggio, quando al-Serraj e Haftar si sono incontrati nella capitale francese, potenti gruppi armati nella Libia occidentale, ufficialmente sotto l'autorità della GNA, hanno bocciato l’iniziativa in quanto giudicata contraria ai loro interessi.

I leader politici che hanno accettato di organizzare elezioni nazionali non godrebbero inoltre di un notevole sostegno popolare, specialmente a Tripoli dove al-Serraj deve ammansire i gruppi armati a sostegno del governo. Alcuni di questi gruppi armati stanno ora lottando per conquistare la capitale. Gli esperti dicono che potrebbero essere in grado di rompere le difese di Tripoli e stabilire un punto d'appoggio nel governo, dal quale cercheranno di rinegoziare la loro relazione con la GNA.

È come se ognuno stia gareggiando per un pezzo di torta.

Tuttavia, la preoccupazione più immediata è l'assenza di una costituzione che possa governare il processo elettorale e stabilire i mandati dei rami esecutivo, legislativo e giudiziario del governo.

Autore: Alessandro Venturi